martedì 30 aprile 2013

L'INSPIEGABILE LEGGEREZZA DELL'ESSERE

Beh, non che io sia diventata così estremamente leggera neppure adesso, sia chiaro, ma è successa una cosa strana. In questi anni ho avuto scrupoli su scrupoli a parlare di me, qui, per paura che qualcuno leggesse, e conoscesse e patisse. Ultimamente avevo pensato di trovare un altro posto, per essere sicura che il nome del blog non fosse in nessun modo riconducibile a me (questo potrebbe essere riconosciuto da qualcuno dei miei familiari); ma in fondo Vocetta c'est moi, e non ho cuore di separarmene. L'opzione che mi girava in testa più spesso, nell'ultimo periodo, era quella di cancellare qualche post, quelli più personali, quelli più tristi, quelli che non vorrei far leggere a nessuna delle persone coinvolte. Così mi sono messa convinta, a rileggerli (stasera, eh, che sto mesi senza toccare il blog, poi nel giro di 3 ore vorrei averne uno con 200 post già pubblicati), per decidere quali fossero le vittime sacrificali che non potevo esporre.
Alla fine li ho lasciati tutti. Tutti, anche quello dove dico che mi sono sempre sentita un po' sfasata nei confronti della vita, quello in cui piango perché non riconosco il colore delle posate in casa del mio ex e anche il primo, dove racconto della piccola Vocetta e di quella famiglia che avevo provato a costruire,  senza grandi risultati ma con tanta sofferenza (di tutti, chi più chi meno).
Li leggevo, uno via l'altro, senza capire cosa ci fosse di così sconveniente da avermi fatto pensare che no, non poteva leggerli nessuno che mi conoscesse, e no, non volevo neppure che venissero collegati alla me stessa nuova, perché era troppo il dolore di cui ancora erano intrisi.
Ecco, forse è proprio questo, quello che oggi mi stupisce. E' sbiadita la memoria del dolore collegato a certi eventi. Li guardo un po' da fuori, come se fossero accaduti così tanto tempo fa che la vita, da allora, giri ne ha fatti tanti, e da quel tempo lacrime per certi ricordi se ne spendono sempre di meno.

Così stasera mi sento ancora più libera, perché posso tenere con me tutte le parole cui ho voluto dare voce nel tempo, e perché queste stesse parole, oggi, non sono più troppo pesanti.

Boccioli e germogli

Mi accorgo che è arrivata la primavera perché nel mio palazzo hanno spento il riscaldamento e come tutti gli anni di questo periodo io vado in giro tutti i giorni, notte e giorno, con un berretto di lana in testa e 3 maglioni, che se qualcuno suona il campanello non so come fare per andare a rispondere (dalla vergogna, mica altro).
E' arrivata la primavera perché Q.B. ha il broncospasmo da allergia e io sto prendendo l'antistaminico per riuscire a strisciare fuori dal letto (anche se non si sa come mai, dal momento che dovrei essere allergica solo al polline dell'ulivo, ma non abitando in Toscana non mi spiego la potenza nefasta di tutti i sintomi che mi colpiscono). 
La primavera è arrivata soprattutto perché tra 2 giorni devo riconsegnare al Comitato Genitori tutte le matrici dei biglietti della lotteria della scuola, ma ancora me ne mancano e mi sembrava ieri che me li avevano consegnati.
Ah, è arrivata la primavera anche perché 3 giorni fa, in piena sindrome premestruale, mi sono guardata allo specchio e ho visto che ho la pancetta, che non sono mai stata così poco tonica e che forse questo è il primo vero sintomo della quarantine (unito al mal di schiena che ormai non mi abbandona). 
Proprio perché ormai è primavera, mio padre, impietosito, ha portato via i miei due vasi del balcone, basilico e rosmarino, per dar loro una degna sepoltura dopo una vita di stenti e privazioni.

Visto che comunque è primavera, e la primavera non è tempo di buoni propositi, eviterò di fare anche qui l'ormai noioso teatrino delle puntate precedenti: "amo scrivere, lo faccio con continuità, mi piace metterci la faccia il cuore e la pancia e non passerà più così tanto tempo come dall'ultimo post a oggi". E' primavera e spero di sbocciare pure io. Ma, come si dice, lo scopriremo solo vivendo.

(Per il resto, è primavera ma non cambia niente, e le uniche foto che faccio, come pure sei mesi fa, sono quelle dal parcheggio dell'ufficio, uno dei pochi posti che frequento. Questa qui sotto è una delle più poetiche). 




domenica 3 marzo 2013

PEZZETTINI

Poco tempo, poco editing, qualche intolleranza.
Alcuni errori.
Molto lavoro, che va bene, in questo periodo, ma a volte anche quello è troppo, soprattutto quando, dalla stanchezza, non ricordi a chi dici le cose, come sono gli accordi e finisce che prendi una multa per eccesso di velocità in mezzo alla campagna o rimani a secco in autostrada.
Spero che questo overbooking rallenti prima che io ci rimanga in mezzo.
Per il resto, ci sono tante amiche.
Da domani avrò anche i biglietti della lotteria della scuola da vendere, e che Dio me la mandi buona.
Mi sembra che stia arrivando la primavera.


venerdì 15 giugno 2012

Back for good

Non sono brava a scrivere della mia vita, qui. Lo faccio ma poi mi pento, ho paura di ferire le persone che amo, che possono leggere, male interpretare, non capire. Così mi trattengo, ma le parole hanno bisogno di leggerezza, e allora passano mesi tra un post e l'altro. Un diario non si può scrivere se non ci si sente addosso la libertà di esporsi, e io non sono una blogger giornalista, che tratta argomenti di attualità, di politica, di cultura... (anzi no, di Cultura!). Il mio diario parla di me, e delle relazioni tra le persone, e vorrebbe trattare tutto quello che ci sta, nella testa e nel cuore e nella pancia delle persone.
Anche nei momenti di sottile confusione, come stasera, che ho bevuto una bottiglietta di birra ma io all'alcool sono intollerante, e non è che mi sia proprio venuto mal di testa, ma ecco, una strana sensazione di euforia me la sento, come se mi girasse la testa ma appena, come se fossi divertita da qualcosa ma in realtà sono qui in cucina, da sola.
Comunque sono tornata. E stavolta per rimanere.



lunedì 17 ottobre 2011

PERCHE' SEI COSI' BELLO MA A ME NON DICI ASSOLUTAMENTE NULLA?

Anche io da piccola, come Charlie Brown (con le debite differenze, chiaro), avevo nel cuore "il ragazzino dai capelli rossi". Aveva proprio i capelli rossi, scuri e mossi, con le lentiggini e ho sempre pensato che fosse il più bello del mio giro di amici. Timido, molto riservato, e molto molto carino.
Per una serie di casualità ci siamo incontrati, poco tempo fa, e ci siamo visti per un paio di giri in moto e chiacchiere al bar. E' quello che io definirei, da fuori, il mio tipo, se ce ne fosse uno; non mi affascinano gli uomini troppo esibizionisti, che parlano molto senza ascoltarti, e lui è così. Ama la sua moto, è piuttosto indipendente, è uno che ha le sue idee e che nella vita si è fatto il culo, anche a livello professionale, per dimostrare (in primo luogo a se stesso) quanto vale, ama la vita all'aria aperta, ha gli stessi amici da 20 anni e ci tiene, è un precisino in tante cose ma non maniacale... Carino nei modi e con un sorriso bellissimo.

Però... però niente. Nada. Nothing. HET (net, che significa no, liberamente traslitterato dal cirillico). Non è scattato niente. Niente attrazione e niente sconquassamento di pancia, nessun ribaltamento di cuore e niente senso di vertigini. Le regole dell'attrazione sono ben strane...

Forse perchè entrambi siamo presi da altro e il momento non è quello giusto, oppure perchè le persone, in qualche modo, si riconoscono e sanno riconoscere, quando c'è, qualcosa di potente, a livello intimo, qualcosa che li attrae magneticamente e vicendevolmente verso qualcuno e non verso un altro. Neppure se quest altro è la quintessenza del fascino (sulla carta).

Io, che ho fatto il liceo scientifico e forse l'approccio empirico delle formule e dei conti che tornano ce l'ho dentro, non mi capacito di come sia possibile questo mancato incastro.

Milady, invece, la mia collega delle pause sul terrazzo in mezzo ai fumi dell'autostrada, che ha fatto l'istituto d'arte e che la matematica è un mondo a parte, ha riso divertita: "Io quando queste cose succedono sono sempre molto contenta, perché se così non fosse, si fidanzerebbero solo quelli come Brad Pitt!". E non ha tutti i torti.

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domenica 2 ottobre 2011

UNA E CENTOMILA

Per buona parte della mia vita mi sono sentita sbagliata. Non sempre, non completamente. Per la maggior parte del tempo solo leggermente... sfasata, come se fossi costantemente a metà. Senza grandi picchi, ma con una personalità un po' incomprensibile, a chi aveva bisogno di mettermi in una scatola.
E' possibile che la prima a sentire il bisogno di definirmi in modo un po' rigido fossi proprio io.
Così mi facevo delle domande. Di quelle inutili, che però nascono spontanee e solitamente non trovano risposta.

Perché non posso essere come mio fratello, che sembra sempre tranquillo, che accetta la vita così com'è e il rapporto a distanza con i nostri genitori senza desiderare niente di diverso, che fa la cosa giusta in ogni situazione ed è il figlio perfetto, che chiama la prozia per farle gli auguri a Natale e a Pasqua e non ha mai diverbi con nessuno?

E perché non posso essere come la mia amica Vi, che ama l'inglese e non vede l'ora di fare l'insegnante alle medie o alle superiori? Perché io sogno di essere nata in Cornovaglia o in Scozia, in una vita precedente, ma non mi sfiora il desiderio di lavorare a scuola, o nell'ufficio commerciale di una ceramica?

Perché adoro il cinema ma mi annoio spesso coi cinepattoni e altrettanto col cinema kasako in lingua originale sottotitolato?

Un mio amico, ingegnere (lo dico così, en passant, non che questa debba necessariamente essere un'aggravante...), disse che lui non mi capiva perchè io stavo a metà, a volte con Eric Fromm, a volte con Eric Forrester.

E' così.
Sono sfaccettata di natura, curiosa di mille cose diverse e decisa in quello che mi piace, ma con il Dubbio, per anni, di dover essere più definita, in un senso o nell'altro. Di dover scegliere un campo di gioco, prendere una decisione ed eliminare, fisicamente, le alternative.

Invece no. Una cosa non esclude il suo contrario per partito preso.
Adesso non mi chiedo neppure più perché.
Sono una persona con una testa, un cuore, un corpo e uno spirito. E voglio nutrire tutti gli aspetti che fanno parte di me. Adoro i tacchi alti e le scarpe da ginnastica. Sono seria ma non seriosa. Mi piace parlare e mi piace ascoltare. Rifletto tanto e rido spesso, anche di cose sciocche. Leggo Sophie Kinsella e faccio la raccolta differenziata con cura. Sono timida e amo la sensazione di stare su un palcoscenico per uno spettacolo. Adoro le cose belle ma la mia vita non è definita dagli oggetti che possiedo. Sono indipendente per natura ma non mi sento sminuita se un uomo mi invita a cena e paga per me. Rivendico profondità di pensiero e allegra spensieratezza. Mi impegno nelle cose che faccio ma amo giocare.

E adesso che ci penso, grazie al cielo, anche le mie amiche sono un po' così.

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martedì 27 settembre 2011

PICCOLE ANIME GEMELLE CRESCONO

Quando Benny è venuta a lavorare con noi, 7 anni fa, tutti hanno pensato che doveva esserci qualcosa, tra me e lei, al di là delle differenze iniziali. Di interessi, soprattutto; studi naturalistici lei, letterari io. E di situazione. Lei aveva una vita privata stabile e quasi nessuna amicizia, io avevo alcune storie finite senza lasciare strascichi e diverse amiche importanti per le quali mi sono sempre ritenuta molto fortunata. Lei faceva il censimento degli ungulati e io interpretavo Columbia del Rocky Horror Show a teatro con un gruppo di amici. Lei indossava intimo coordinato tutti i giorni e non andava a letto se non dopo aver lavato i piatti, io non ero mai in casa e la mia raccolta differenziata dell'organico, nella pattumella chiusa, faceva marcire il sacchetto in mater-bi (con conseguente sgocciolamento di liquido puzzolente) ogni settimana, figuriamoci se potevo pensare a coordinare l'intimo! Lei vestiva sportiva ma formale, io ero nel mio periodo "vitaminico". Dopo l'indigestione di glamour della mia vita precedente ho adorato per anni gli accostamenti di colori solari, che in ufficio ricordano ancora: giallo e fucsia, arancio e rosa, viola quando ancora non era stato sdoganato dalle tendenze moda.
A guardarci bene, però, siamo piuttosto simili: entrambe minute, capelli dritti, occhiali, naso abbastanza importante, risata solare e contagiosa (alcuni dicono molesta, ma è solo invidia, certo!).
Da subito c'è stata una strana telepatia: non ci conoscevamo ancora e capitava spessissimo che dicessimo la stessa cosa nello stesso momento. E' successo così tante volte che per tutti siamo diventate "le gemelline".
I mesi successivi sono stati pesanti, per entrambe, pur per situazioni diverse. Abbiamo condiviso molte cose (anche senza saperlo, a distanza di tempo) e ci siamo state vicine.
Poi, di nuovo, le situazioni hanno ritrovato un loro equilibrio, e di nuovo ci siamo un po' perse. Nel frattempo lei è andata ad abitare fuori dalla città, Q.B. è nato e per anni ci siamo concentrate sulle nostre vite, stimolanti e impegnative, faticando un po' a trovare spazi e tempo per condividere ancora delle cose, come se non fosse mai il momento. Poi, come a volte succede, ci siamo ritrovate adesso, dopo anni, entrambe single, entrambe con i propri impegni ma con la testa più libera e la voglia di riprendere in mano un filo mai interrotto.
Due domeniche fa ci siamo dette che avremmo fatto qualcosa insieme. Un'escursione, finalmente! ho proposto io, che in questo periodo ho voglia di stare all'aria aperta, di camminare, di respirare la natura e concentrarmi su quello che mi sta intorno, staccando i pensieri degli ultimi mesi. Pensavo sarebbe stata contenta di condividere con me qualcosa che ama tanto. Invece... Il Festival della Filosofia! ha cinguettato.
... Incredibile! Ci siamo ritrovate, dopo anni, ma come se ci fossimo scambiate di posto, con la voglia di sperimentare, e di spostarci un po' dalle cose che ci hanno sempre interessato.

p.s. Fortunatamente le conferenze della domenica pomeriggio si sospettavano un po' troppo istituzionali. Così siamo andate a fare l'escursione. Abbiamo camminato, ha iniziato a piovere, ci siamo riparate sotto una tettoia per mangiare, siamo entrate in un bar nell'attesa che spiovesse. TUTTO QUESTO senza smettere un attimo di parlare. Quando poi avevamo deciso che era ora di scendere anche se ci saremmo bagnate, è apparso IL CASARO gentiluomo, un ragazzone della zona che gli avventori del bar hanno convinto a darci un passaggio in macchina.
Ma questa, come si dice, è un'altra storia.